“La felicità è una scelta”, come molti di voi sanno, è il titolo del mio primo libro. Ho deciso di usare lo stesso titolo per il discorso che ho scritto per TEDx Perugia, perchè quei 15 minuti racchiudono i messaggi più importanti contenuti in quelle 288 pagine in cui ho messo letteralmente l’anima.
Spero troverete il tempo di guardarlo, sperò vi piacerà, e, come sempre, spero mi aiuterete a far arrivare questi messaggi il più lontano possibile condividendo questo video (su instagram in una story, in un post su facebook, mandatelo agli amici in chat etc etc etc), grazie per il vostro continuo supporto, senza il quale il mio lavoro sarebbe invisibile 🙏🏻 [qui sotto trovate anche il trascritto così potete copiare e incollare le frasi che vi colpiscono di più]
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TRANSCRIPT
Era una notte fredda di febbraio, c’erano -25 gradi ed ero a quota 5000m, a quell’altezza c’è molto meno ossigeno, manca il respiro, si cammina al rallentatore, ogni passo sembra 1km, mancano le forze. C’era la luna piena quella notte ma non riuscivo nemmeno ad alzare gli occhi al cielo, l’unica cosa che riuscivo a fare era guardarmi la punta dei piedi: dovevo investire tutte le mie energie cercando di mettere un piede davanti all’altro.
Nella mia testa c’erano due voci: una diceva “Molla!” L’altra diceva “Coraggio, ce la puoi fare, un altro passo”.
Mi trovavo sul Kilimanjaro, mancavano poche decine di metri alla vetta. Quella vetta per me era diventata un simbolo, un simbolo di rinascita. Avevo deciso di scalare il Kilimanjaro un anno prima, mentre mi trovavo nel mezzo di un periodo nero. Avevo avuto una caduta rovinosa che mi aveva scaraventata sul fondo del buco più buio e fetido mai visto nella mia vita: io lo chiamo il vuoto.
Il vuoto è un posto fatto di dolore e autocommiserazione—tanta autocommiserazione—non ha ne forma, ne spazio, ne tempo. Il vuoto è una non-esistenza che ti mangia viva, e niente lo riesce a colmare. Perché il vuoto sei tu.
Stavo talmente male che mi sembrava di non sapere più come si facesse a camminare. Talmente male che la parola felicità mi faceva infuriare: mi sembrava una presa in giro, una bugia. Poi un giorno un amico mi ha detto una frase che ha cambiato tutto . Perchè quando l’ ho capita ho iniziato a muovere i primi passi in direzione “star bene”: mi sono promessa che da li a un anno non solo mi sarei rimessa in piedi e sarei tornata in me, ma avrei finalmente ritrovato quella felicità in cui non credevo più, e—siccome mi piacciono le sfi de sobrie—per celebrare avrei scalato il Kilimanjaro, convinta che una volta sulla vetta avrei finalmente capito tutto.
La frase era “La felicità è una scelta”.
L’ho scritta su un post it che ho attaccato accanto al mio letto e da quel giorno me la ripeto ogni mattina prima di alzarmi dal letto. Felicità è una parola—ampiamente abusata di questi tempi— carica di bellezza ma anche di tutta una serie di pressioni che spesso finiscono per creare l’effetto opposto, perché ammettiamolo: non è facile essere felici.
Abbiamo tutti montagne diverse da scalare: per alcuni la montagna è cambiare lavoro, cambiare percorso, trasferirsi, fare un viaggio che si sogna da tanto, prendere casa, avere un figlio, affrontare un cancro, dire a qualcuno che lo amiamo, lasciare andare qualcuno che non amiamo più, mollare tutto e ricominciare da zero; per altri è semplicemente alzarsi dal letto la mattina.
Nonostante tutti i motivator e guru improvvisati che oggi invadono il web con articoli che ti dicono “come essere felici sempre” e si atteggiano a coloro che hanno le chiavi dell’universo, in realtà nessuno ci capisce molto: non puoi googlare “Come essere felice” e aspettarti una risposta plausibile.
La società in cui viviamo poi non ci facilita proprio le cose: Una società che distrugge tutto e tutti in nome del “progresso”. Una società che si basa sul consumo, idolatra il successo (che viene misurato in soldi, status sociale, numero di followers), feticizza la perfezione (spoiler alert, la perfezione non esiste) e ci dice che dobbiamo fare, avere, desiderare, accumulare; creando falsi bisogni, spingendoci a volere sempre di più. Come se non fosse abbastanza, il tutto è lustrato, filtrato e distorto dai social: dove tutti (gli altri) sembrano felici sempre.
Non ci vuole un genio per capirlo: la società non è fatta ad hoc per farci essere felici. L’ho capito anche grazie al mio lavoro, che mi ha portata a vedere tanta felicità e pure tanta infelicità. Sono una Storyteller—altra parola ampiamente abusata di questi tempi—Dopo una carriera come fotografa di moda a NY che mi ha procurato una bella crisi di coscienza ho scelto di cambiare completamente rotta e oggi sono fotografa documentarista, faccio video, scrivo, viaggio (tanto), e mi guadagno da vivere raccontando storie di luoghi, di culture diverse dalla nostra e sopratutto storie di persone. Negli ultimi anni ho lavorato prevalentemente in Asia e in Africa, spesso su progetti umanitari.
Faccio a tutti le stesse domande, domande semplici: dove vivi? Cosa mangi? Quali diffi coltà hai? Quali sogni hai? Cosa ti rende felice? Spesso le risposte a quest’ultima domanda sono sorprendenti nella loro semplicità.
Per questo signore a Cuba è Suonare la chitarra. per questa donna dry zone in Myanmar (un posto arido dove non crece niente e dove le ong hanno insegnato ai residenti a coltivare tramite le serre idroponiche)è poter coltivare le mie verdure. Per questa famiglia sempre in Birmania è poter metter il cibo in tavola . Per questa donna,Jamila, che ho incontrato in Marocco è poter mandare mia figlia a scuola. Per Sara, una ragazza Masaai—in Tanzania—che aveva iniziato ad andare a scuola solo l’anno rpima all’età di 15 anni, è poter aricever un istruzione. Per questa donna, sempre in Tanzania è potersi mettere dei vestiti puliti la mattina.
Quante di queste cose diamo per scontate da questa parte di mondo?
Qualche mese fa ero in Iraq, per documentare le storie di bambini e adolescenti che vivono nei campi per rifugiati e sfollati interni del Kurdistan, con una ong. Le persone che vivono nei campi hanno perso tutto; hanno dovuto lasciarsi la loro casa, la loro vita, i loro aff etti alle spalle e non perché in cerca di un futuro migliore, ma per scappare dall’Isis, per rimanere vivi; hanno visto orrori che molti di noi per fortuna non riesco nemmeno ad immaginarsi e ora si ritrovano bloccati in un campo, le loro vite sono sospese in un limbo di incertezza.
Ho chiesto ad alcuni dei ragazzini che ho intervistato: “Se potessi esprimere un desiderio, cosa chiederesti?” e le risposte erano “Tornare a casa, tornare a scuola, rivedere la mia famiglia, che ci sia pace”
Quante cose diamo per scontate da questa parte di mondo!
Viaggiando e documentando le vite degli altri ho capito quanto fossi fortunata: di essere nata dove sono nata—con un passaporto che mi permette di viaggiare e andare praticamente ovunque —di avere ricevuto un’istruzione, di avere dei diritti che vengono tutelati, di avere la libertà e il privilegio di poter SCEGLIERE cosa fare della mia vita. Tutte cose che prima davo per scontate.
C’è gente al mondo che queste cose non le ha, gente che non ha scelta , che non è LIBERA di scegliere. Noi, in occidente, quella scelta la abbiamo. Abbiamo sicuramente problemi, dolori, difficoltà da superare; però la possibilità di scegliere di star bene c’è, e sta solo nelle nostre mani.
Eppure siamo bravissimi ad essere infelici. Viaggiando molto in Asia ho iniziato ad interessarmi alle filosofie orientali , che guardano alla vita in maniera completamente diversa dalla nostra. Noi tendiamo a cercare la felicità all’esterno :“Se avrò quella macchina, quel lavoro, quella persona, allora sarò felice”, ma per molte altre culture la felicità può essere trovata solo all’interno , e sapete perchè? perché tengono in considerazione una cosa che per la nostra società non ha importanza, ma che invece è il luogo da cui attingere alla felicità: L’ANIMA .
Ci sono delle cose che quasi tutti facciamo che fanno molto male all’anima , e che quindi ci impediscono di essere felici:
1-La prima è GUARDARE LE MANCANZE invece di quello che già abbiamo. Lo so che non è facile ma se invece di concentrarci e disperarci per quello che non abbiamo fossimo GRATI per quello che già abbiamo , la vita intorno a noi si trasformerebbe, perchè la GRATITUDINE è il primo passo verso una vita felice.
2-Una mancanza che invece fa molto male all’anima è la MANCANZA DI SIGNIFICATO nella vita. E questa spesso è strettamente legata al lavoro e a come impieghiamo il nostro tempo: Abbiamo l’idea che il lavoro debba essere qualcosa di spiacevole e faticoso, fatto solo per fare soldi; ma non deve essere così, il lavoro occupa gran parte del nostro tempo: è importante farne uno che ci piaccia, che ci stimoli, o che almeno abbia un senso per noi. Non siamo qui solo per pagare le bollette e morire.Il miglior modo per trovare signifi cato è farsi delle domande, le domande grosse: “Ma io chi sono?”, “Che cosa ci faccio qui?” (qui inteso come “in questo strano posto chiamato vita”).
3-Un altra cosa che ci fa stare malissimo è il CONTROLLO . Basti guardare come viviamo il tempo: soff riamo per il passato (che non c’è più) e ci preoccupiamo per il futuro (che è un illusione). Non abbiamo nessun controllo sul futuro, solo sul momento presente (il famoso qui e ora) e su come reagiamo a quello che ci sta succedendo, adesso. Il controllo non esiste. L’unica cosa che possiamo controllare in questo mondo, in questa vita, su questa terra, siamo noi stessi: possiamo controllare (e scegliere) come passiamo il nostro tempo e con chi, come investiamo il nostro denaro e le nostre energie, quello di cui ci nutriamo (il cibo che ci mettiamo in corpo, quello che leggiamo e guardiamo, chi seguiamo online) e, so che suona assurdo ma fi datevi, è possibile: possiamo controllare i nostri pensieri. Se un pensiero negativo arriva possiamo lasciarlo andare invece di seguirlo in una spirale autodistruttiva.
Per vivere bene bisogna lasciare andare il controllo , come? Avendo fede che tutto andrà come deve andare, che tutto succede per una ragione.
4-Altro nemico dell’anima è il CONDIZIONAMENTO . Ogni giorno ci vengono scaraventate addosso informazioni, opinioni, giudizi altrui. E se li ascoltiamo va a fi nire che non riusciamo più a d ascoltare la cosa che conta di più nella nostra vita: quella che io chiamo LA VOCE. Ce l’abbiamo dentro tutti—c’è chi la chiama istinto, intuito, anima, chiamatela come volete—è una vocina rompipalle che più che dai pensieri viene dalle viscere, e solo lei sa cosa è meglio per noi. Vi faccio un esempio: magari tu vuoi fare non so, l’illustratrice, ma i tuoi genitori ti convincono a iscriverti a giurisprudenza, non vuoi deluderli e quindi continui su quella strada(che ti fa schifo), che però non era quella giusta per te (perchè qualcun’altra l’ha scelta per te) e piano piano inizi a stare male, ti senti incastrata, in trappola, perchè stai vivendo la vita di qualcun altro. Ti sei tradita. Non tutti riescono ad ascoltare la propria voce perché c’è troppo rumore intorno, bisogna imparare a decondizionare il pensiero da quello degli altri, circondarsi di silenzio, e ascoltarsi, nel profondo (non nella testa—perchè la mente mente—ma nel cuore) e seguire la voce ovunque ci porterà, anche se ciò richiede un cambio di rotta. Solo così si trova la propria strada, solo così si riesce ad essere se stessi, ed essere se stessi, rimanere veri a se stessi, è la libertà e il successo più grande nella vita.
5- Spesso non riusciamo a seguire la nostra voce perchè viene sovrastata da quella della PAURA . Ma la paura è una bugiarda-ladra-di-sogni che non ha niente da off rirti. L’unica cosa che ha da dire è “No! Stai ferma! Non muoverti! Non fare niente”. Se la si ascolta si fi nisce per vivere una non-vita, perchè il rischio è necessario se si vuole vivere davvero. In tanti mi dicono che sono coraggiosa, in realtà sono solo una persona molto curiosa , sono curiosa di vedere dove mi porterà la vita, di vedere come va; e se cado, se mi faccio male, almeno ci ho provato, e alla fi ne dei miei giorni non avrò rimpianti e potrò dire “Wow, quanto ho vissuto!”. Essere coraggiosi non vuol dire non avere paura, vuol dire avere una paura folle, ma farlo comunque e ascoltare la voce che ti dice: “Coraggio, un altro passo.”
E questo ci riporta sul KIlimanjaro, quella notte ho ascoltato la voce che diceva “coraggio, un altro passo” e sono arrivata sulla vetta tanto sognata. E sapete cos’è successo una volta arrivata? E’ stato bellissimo e ho provato una soddisfazione enorme…ma poi sono dovuta scendere.
Perchè non si può rimanere sulla vetta per sempre, e così è la vita . Non si può essere felici sempre: La felicità è uno stato transitorio—come l’equilibrio—ma esiste, bisogna ricordarselo sempre, aspirarci, e non serve scalare una montagna vera e propria per toccarla, basta camminare, mettendo un passo davanti all’altro. Non ha senso voler scalare un montagna solo per arrivare in cima e piantarci una bandierina, la soddisfazione del raggiungere la vetta sta nella fatica che si è fatta per arrivarci, e in quello che si è vissuto, visto e imparato durante il cammino.
Camminando poi si scopre una parola che secondo me è molto più umile e tangibile di felicità o equilibrio: Armonia. Armonia tra anima-mente-corpo, tra gioia e dolore. Perché alla fi ne non c’è l’una senza l’altra. L’armonia. È quella la vera vetta e ce l’abbiamo dentro, da sempre.
Parafrasando, Alan Watts: invece di interpretare l’esistenza come un viaggio con una meta specifi ca, o come una montagna con una vetta da raggiungere, dovremmo interpretarla come una cosa giocosa, come una musica, o una danza: perchè il punto di una sinfonia non è arrivare alla fi ne, ma suonarla; il punto di una danza non è arrivare in un punto specifi co del pavimento ma danzarla. Però, fi n da piccoli, la società ci spinge ad interpretare la vita come un pellegrinaggio verso il raggiungimento di una meta, e lo scopo è arrivate a quella meta (il successo, la pensione, magari il paradiso dopo la morte). Ma una volta arrivati alla fi ne, ci accorgeremo che per tutto il tempo ci era completamente sfuggito il punto: era una melodia, e avremmo dovuto cantarla o ballarla…mentre la musica veniva suonata….
….Alla fi ne non ci ho ancora capito molto di che cosa ci faccio qui, ma faccio il meglio che posso, per scegliere di continuare a ballare, ogni giorno, un passo alla volta. Auguro lo stesso anche a voi. Bon courage!