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Kathmandu, Nepal

27 September 2018

E’ la mia ultima sera qui. E’ tardi. Le strade di Thamel sono vuote, i negozi chiusi, le luci sfuocate, le mie gambe pesanti. Ho la testa tra le nuvole e il cuore straripante degli ultimi due mesi. Appoggio la mia testa sul suo braccio avvolto intorno alle mie spalle e chiudo gli occhi mentre continuiamo a camminare.

Trascino il mio corpo in hotel. Arrivo in camera e mi butto sul letto. Sono stanca, così stanca che voglio piangere.

Sono per strada da un po ormai, ho preso troppi aerei per tenerne il conto, e quanti taxi, treni, moto, barche; quante camere d’hotel ho cambiato, quanti divani, tende, pavimenti di capanne nel mezzo del nulla. Non dormo nel mio letto da piu di due anni, o meglio non ho un letto mio da piu di due anni e questa cosa inizia a pesarmi.

Negli ultimi due mesi ho attraversato 5 paesi e le vite di tante persone. Ho collezionato emozioni che—come sempre—mi hanno cambiata. Alla fine viaggio per questo, per sentirmi viva, per ricordarmi di non sapere proprio niente e che il mondo è un bellissimo mistero che forse non capirò mai. Viaggiare è il mio modo di imparare la vita, di crescere, e forse di scappare da un qualcosa che non c’è. Ma per continuare a viaggiare devo farlo lavorando e anche se amo quello che faccio e ne sono incredibilmente grata, questa volta ho esagerato e mi sono spinta quasi all’esaurimento.

Dal chaos delle strade di Delhi alla pace dei monasteri Tibetani del Ladakh; Dai grattaceli di Kuala Lumpur alle isole paradisiache della Thailandia, Dalle mille sfumature di Verde del Vietnam ai colori accesi delle bandierine appese ovunque in Nepal; E’ stato un viaggio lungo, bello e intenso. Ognuno di questi paesi mi ha dato qualcosa di indimenticabile, ma ha anche rubato qualcosa di me, qualcosa che probabilmente non mi serviva più ma che mi ha lasciata un po più debole di prima.

Chiudo gli occhi, troppo stanca per addormentarmi, troppo sdrenata per rispondere ai messaggi e alle email che aspettano da giorni nella mia inbox, troppo vuota per prendere in considerazione i milioni di pensieri che mi stanno facendo a pezzi questa settimana.

Sento l’acqua della doccia che si spegne e sento le lacrime che scendono me le asciugo prima che lui apra la porta, non voglio che mi veda piangere; ma piangere è l’unica cosa logica che mi sento di fare se penso che domani sarò su un aereo diretto in Italia e tutto questo rimarrà qui in questa stanza, in questo paese, in questo momento che non si ripeterà mai più. Ma ho delle cose importanti da fare: i miei primi discorsi in pubblico, la mia prima mostra; sto correndo incontro a dei sogni che ho da tanto tanto tempo, ma anche verso il posto da cui ho passato quasi tutta la vita a scappare. Indesiderata, arriva quella sensazione viscerale che ormai conosco bene…ho paura. Paura di non essere all’altezza, di non essere abbastanza. Paura di star sola, di star male, di star ferma.

Sono divisa dal bisogno di essere in costante movimento e dal desiderio di avere di nuovo un posto da chiamare casa. Sospesa tra la necessità di essere libera e la voglia  di condividere un pezzettino della mia vita con qualcuno. E mentre finalmente mi addormento non posso non chiedermi…

Troverò mai un po di equilibrio?

Equilibrio. Tutti ne parlano, tutti lo cercano.

‘Equilibrio’ è una parola a cui ho pensato tanto (e mai alla leggera). Non passa un giorno senza immaginarmi come o dove trovarlo. Certe persone la fanno sembrare cosi facile ma non penso che sarà mai facile per nessuno; ci vuole una vita a trovarlo, e non sono del tutto sicura che può essere trovato, magari per un momento, magari sfiorato, ma quanto può durare davvero?

C’è un passato di cui non scrivo mai, un passato che mi ha lasciato qualche cicatrice e che mi ha dato la forma che ho oggi, portandomi qui, incapace di trovare questo dannato equilibrio. Se guardo indietro agli ultimi anni so di essermici messa da sola ‘qui’. Volevo essere ‘qui’.  Ma adesso vedo solo nebbia. Nebbia nella mia testa, la vista offuscata, i miei sentimenti anestetizzati dal mio costante sfinimento. Oggi ‘qui’ sembra più che altro una strada annebbiata e desolata nella terra di nessuno, e anche se questa strada è stata chiara in passato, non ha mai comunque avuto cartelli che mi indicassero dove andare. 

Da quando me ne sono andata dall’Italia 10 anni fa credo di pensare questa frase giorno si e giorno no: “Che cazzo ci faccio qui?”;  chiedendomi cosa voglio veramente, preoccupandomi di non riuscire ad ottenerlo, e sempre, sempre, torturandomi pensando a dove sto andando e se mai ci arriverò.

Nebbia.

Nebbia come quella che aleggia nei campi intorno a dove sono cresciuta. Ma la nebbia non dura mai per sempre, si dissolve, viene e va. Non so ancora dove sto andando, mi sposto da mondo a mondo senza mai appartenerci veramente, ma sperando—e credendo con tutta me stessa—che un giorno la vita mi porterà a casa. Ovunque essa sia.

Trovare la strada di casa richiede solitudine. L’arte, il lavoro, il trovare se stessi richiedono tutti solitudine. Negli ultimi 5 anni mi sono isolata sempre di più, allontanandomi dalla gente nella mia vita, dalla città che ho amato più di me stessa, spingendo i miei limiti fino ai bordi del mondo, lasciandomi tutto alle spalle nel momento in cui una cosa non sembrava più giusta per me, sradicandomi sempre di più dalla realtà che la maggior parte della gente condivide, scappando il più lontano possibile dalla morsa della società moderna che è un carceriere per gli spiriti liberi e spesso assassina di sogni.

Frammenti. La mia vita è diventata un puzzle fatta da pezzi mancanti. Sono catapultata da una realtà all’altra. Qui oggi, sparita domani. Lentamente sono diventata solo l’amica da chiamare, la figlia da evitare, l’artista da usare, la bionda da scopare. E mi è andato bene fino a ieri, ma oggi sono stanca. Non di viaggiare, non di niente in particolare. Sono svuotata, fisicamente, mentalmente, emotivamente. Vorrei, per una volta, essere qualcosa di più che aria.

Ma va tutto bene, mi ci sono messa da sola ‘qui’. Forse sono solo stanca di non avere nessun posto e nessuna persona da cui tornare. Forse devo imparare a lasciarmi avere voglia di queste cose senza farmi prendere dal panico pensando a quanto queste cose possano minare la mia libertà. Forse sono persa di nuovo, forse non troverò mai cos’è casa per me. Ma ho vissuto alcuni dei miei sogni piu selvaggi in questa vita e fanculo se mi uccidono. Se morissi domani me ne andrei senza rimpianti, se non quello di sapere che forse potevo amare un po di più e tenere i miei legami un po più stretti.

Forse l’equilibrio è capire che si possono avere entrambe libertà e radici.

Equilibrio.

Forse non lo trovero’ mai, ma chissà, forse ‘Equilibrio’ è solo una parola che ha senso una volta che si impara a leggerla sottosopra.

💕

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